Nel corso della sua lunga e affascinante storia, la Formula 1 ha visto infrangersi e riscriversi innumerevoli record. Tuttavia, alcune imprese sono diventate talmente leggendarie da sembrare ormai irraggiungibili, pietre miliari scolpite nel marmo dell’automobilismo mondiale. Dalle prodezze degli antichi campioni ai numeri strabilianti dei protagonisti dell’era moderna, questi record rappresentano il massimo dell’eccellenza tecnica, della tenacia e, non da ultimo, della fortuna.
Prendiamo ad esempio il celeberrimo record di Michael Schumacher, ovvero i suoi sette titoli mondiali. Anche se Lewis Hamilton è riuscito a raggiungere la stessa cifra titanica, per quasi due decenni questa impresa sembrava ineguagliabile. Raggiungere (e superare) tale quota richiede non solo un talento fuori dal comune, ma anche un tempismo straordinario: trovarsi nella squadra giusta, al momento giusto, con i mezzi giusti, e mantenere una costanza senza eguali. Con la competitività sempre crescente della F1, ritoccare questo primato sarà sempre più difficile.
Degno di nota è anche il record di vittorie consecutive. Sebastian Vettel, durante la stagione 2013, è riuscito a vincere nove Gran Premi uno dopo l’altro, dimostrando una supremazia quasi assoluta. In un’epoca caratterizzata da maggiore affidabilità e tecnologie avanzate, ma anche da una griglia più livellata e strategie sempre più sofisticate, superare questa impresa richiederebbe una perfetta simbiosi tra pilota, macchina e team.

Tra i primati che paiono ormai relegati nell’albo dei miti vi è anche quello detenuto da Ayrton Senna per le pole position consecutive: otto, tra il 1988 e il 1989. Centrare otto partenze al palo di fila, in un’epoca in cui tutto era meno prevedibile, sottolinea la classe cristallina del campione brasiliano. Con l’attuale competitività della griglia, un tale filotto sembra quasi fantascientifico.
Ma la Formula 1 sa anche regalare numeri curiosi difficili da eguagliare per motivi regolamentari o storici. Pensiamo ai 16 ritiri consecutivi di Andrea de Cesaris. Le moderne regole sulla sicurezza, l’affidabilità delle vetture e la professionalizzazione dei team rendono ormai impensabile vedere oggi un simile “record al contrario”, che pure racconta la complessità delle macchine di allora e l’imprevedibilità di quegli anni.
Un altro primato che resiste è quello di Riccardo Patrese, che è rimasto in Formula 1 per ben 16 stagioni consecutive, dal 1977 al 1993. Un risultato quasi inarrivabile oggi, visto il continuo arrivo di giovani talenti e la pressione sempre più alta sui risultati. I contratti dei piloti sono più corti e la pazienza dei team è assai minore rispetto al passato.
Tra i record che hanno segnato la storia delle corse, spicca quello di Lewis Hamilton per il maggior numero di podi: oltre i 190! Affidabilità della Mercedes, talento cristallino del pilota inglese e capacità di adattarsi a ogni situazione hanno reso questa cifra davvero epica. In un’epoca in cui i margini sono sempre più ridotti e i giovani scalpitano in attesa di un sedile, chi potrà davvero pensare di superare Hamilton?
Infine, non possiamo dimenticare quello che forse è il più incredibile di tutti: il predominio assoluto di Alberto Ascari, che nel 1952 ottenne il 100% delle vittorie nelle gare a cui partecipò in stagione. Una perfezione assoluta, oggi praticamente impossibile anche solo da sognare: la varietà dei circuiti, l’equilibrio delle forze e le variabili infinite che caratterizzano la modernità rendono una tale supremazia pura utopia.
Questi record non sono soltanto numeri: rappresentano emozioni, sacrifici, passione e una continua ricerca della perfezione. Sono il riflesso dell’essenza stessa della Formula 1, uno sport dove ogni limite viene messo costantemente alla prova, nella speranza – per qualcuno – di scrivere per sempre il proprio nome nella leggenda.