Fernando Alonso è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi piloti della storia della Formula 1. Due volte campione del mondo, lo spagnolo si è distinto per una carriera straordinaria fatta di acuti, imprese e risultati degni di una leggenda. Tuttavia, tra tutti i podi e i momenti memorabili vissuti in quasi due decenni nel Circus, Alonso ha sorprendentemente indicato una gara “anonima”, quasi dimenticata dal grande pubblico, come la sua prestazione più raffinata e tecnicamente impeccabile. Un gesto da vero intenditore, che racconta molto dello sguardo critico e perfezionista del pilota asturiano.
Nel suggestivo scenario del Gran Premio della Malesia 2012, l’allora campione – fresco di approdo in Ferrari – si trovò a lottare contro le intemperie di Sepang, una pista resa insidiosa da una pioggia battente e da condizioni imprevedibili. Nonostante la F2012 non fosse all’altezza delle rivali sul piano tecnico, Ferrari ed Alonso riuscirono a centrare una vittoria strepitosa, ma è il Gran Premio del Giappone 2014 che lo spagnolo, con inaspettata sincerità, ha descritto come la sua “perla nascosta”.
Quella domenica a Suzuka, la gara non fu caratterizzata da magie in rimonta o sorpassi memorabili. Eppure, Alonso ha sottolineato come il controllo totale della vettura, l’abilità nel gestire le gomme, l’anticipazione di ogni possibile problematica tecnica e l’intelligenza tattica furono i protagonisti di una prestazione quasi invisibile ma estremamente sofisticata. Sotto la superficie, quindi, si celava un capolavoro di guida, maturità ed esperienza – qualità che fanno la differenza tra un grande pilota e un vero “maestro”.

Questa visione “da dentro il casco” offre agli appassionati una prospettiva privilegiata su cosa significhi davvero essere piloti di F1 al massimo livello. La percezione che spesso si ha delle corse è quella di uno spettacolo fatto di azione, sorpassi e lotte ruota a ruota. Tuttavia, le gare che segnano davvero il valore di un pilota, e che restano nella memoria dei professionisti del settore, sono spesso quelle meno appariscenti, dove conta ogni dettaglio: dalla gestione del carburante, all’utilizzo intelligente dei pit stop, fino all’interpretazione delle variabili meteorologiche. In questo, Alonso ha dimostrato ancora una volta di avere una marcia in più rispetto ai suoi contemporanei.
Il Gran Premio del Giappone 2014, disputato tra pioggia e interruzioni, è ricordato dagli addetti ai lavori per l’estrema difficoltà di gestire assetto, gomme e concentrazione. Pur non essendo riuscito a concludere la corsa a causa di un guasto, Alonso ha spiegato come le fasi iniziali e il lavoro strategico svolto con il team siano state il vero banco di prova. Il feeling con la monoposto, la precisione al volante e la capacità di prevedere ogni sfumatura della gara sono state le sue armi vincenti: il tipo di performance che non trova spazio nei titoli dei giornali ma che fa la differenza nelle valutazioni degli esperti.
Per i tifosi di Formula 1, questa riflessione apre una finestra raffinatissima su ciò che, spesso, l’occhio umano non coglie davanti alla TV. È la dimostrazione che il giudizio di un campione non si basa solo su trofei e medaglie, ma sulla profondità tecnica e strategica richiesta da questo sport ad altissimi livelli. Un invito a guardare ogni gran premio con occhi nuovi, pronti a valorizzare non solo chi taglia il traguardo per primo, ma anche chi riesce, nell’ombra, a compiere imprese di straordinaria abilità.
Alonso, con la sua onestà intellettuale, si conferma non solo come un fenomeno della pista, ma come uno dei più profondi conoscitori dell’arte della guida. Un’ulteriore lezione da un pilota che – a oltre quarant’anni – continua a scrivere capitoli appassionanti nella storia della Formula 1 e ad ispirare milioni di appassionati in tutto il mondo.