La tappa di Monza rappresenta da sempre un crocevia fondamentale nella stagione di Formula 1, sia per la storia che circonda il Tempio della Velocità sia per le sfide tecniche che impone a team e piloti. Per la Ferrari, l’edizione del 2024 si è rivelata una vera e propria cartina di tornasole per mettere a nudo alcuni dei limiti più profondi nella filosofia costruttiva della monoposto destinata al 2025.
Nonostante l’atmosfera elettrizzante e il calore del pubblico di casa, il Cavallino Rampante ha dovuto fare i conti con problematiche che vanno ben oltre il singolo weekend di gara. Il circuito brianzolo, con i suoi lunghi rettilinei e le violente frenate, ha evidenziato come la SF-24 fatichi a trovare il giusto equilibrio tra velocità di punta e stabilità in curva, una situazione che rischia di ripetersi anche con il progetto 2025 se non si interverrà in modo radicale.
I tecnici di Maranello si sono ritrovati a lottare con una monoposto troppo sensibile ai cambiamenti di assetto, costringendo i piloti a scelte di compromesso che inevitabilmente penalizzano la prestazione in qualifica e in gara. In particolare, la gestione del DRS e la trazione in uscita dalle curve lente sono apparse punti critici su cui la Ferrari dovrà concentrarsi nei prossimi mesi, soprattutto in vista delle nuove regolamentazioni aerodinamiche in arrivo.

Un altro aspetto che è emerso con forza a Monza riguardava la gestione del degrado gomme, soprattutto sull’anteriore sinistra. Le temperature elevate e le caratteristiche abrasive della pista hanno messo in chiara difficoltà la monoposto italiana, che ha mostrato segnali di stress sulle coperture già dalle prime fasi di gara. Questo elemento è sintomatico di una filosofia progettuale ancora legata a scelte conservative e meno propensa a rischi calcolati, specie in termini di efficienza aerodinamica e bilanciamento complessivo.
Mentre la concorrenza – su tutte Red Bull e McLaren – sembra aver trovato la chiave per sfruttare al massimo le zone grigie del regolamento, la Ferrari pare invece rallentata da un approccio troppo cauto. Gli ingegneri, infatti, sono spesso chiamati a risolvere problemi legati alla correlazione tra dati di simulazione e riscontri reali, ostacolando lo sviluppo e il potenziale della macchina nella lotta al titolo mondiale. Proprio la mancanza di fiducia nei simulacri virtuali, secondo molti addetti ai lavori, sta limitando l’aggressività delle scelte tecniche che potrebbero permettere il definitivo salto di qualità.
Charles Leclerc e Carlos Sainz hanno fatto del loro meglio per estrarre il potenziale della SF-24, ma il gap con i primissimi resta ancora evidente, soprattutto nei tratti dove la velocità pura risulta determinante. Il rischio, ormai concreto, è che anche la prossima monoposto possa nascere con un handicap simile se non verranno adottate strategie di sviluppo più radicali e coraggiose, sotto la guida tecnica di Enrico Cardile e Frederic Vasseur.
La speranza dei tifosi del Cavallino è che il campanello d’allarme suonato a Monza sia accolto come uno stimolo per rivedere l’approccio progettuale, magari seguendo le orme di chi ha saputo osare e innovare negli ultimi anni. Solo così, tra passione, talento e determinazione, la Rossa potrà tornare a competere ad armi pari nelle battaglie più emozionanti della Formula 1 moderna.
In attesa di novità dai reparti tecnici di Maranello, il popolo ferrarista resta fiducioso nella capacità del team di sfruttare questa lezione di Monza come punto di svolta fondamentale verso un futuro da assoluti protagonisti.