Vent’anni fa si scriveva una pagina destinata a restare nella storia della Formula 1: Fernando Alonso, giovanissimo talento spagnolo, conquistava il suo primo titolo mondiale insieme alla Renault, infrangendo un’egemonia anni ‘90 e primi 2000 fortemente segnata dalla presenza della Ferrari e di Michael Schumacher. Era il 25 settembre 2005: una data storica non solo per il mondo dei motori, ma anche per una nuova generazione di tifosi che sognava cambiamenti e competitività.
Il Mondiale 2005 fu un’annata memorabile sia dal punto di vista tecnico che umano. Renault, sotto la guida dell’allora team principal Flavio Briatore e con il carismatico capo tecnico Pat Symonds, aveva saputo costruire una monoposto, la R25, capace di trovare il giusto equilibrio tra affidabilità e velocità. Alonso si dimostrò freddo, costante e maturo ben oltre i suoi 24 anni, capitalizzando ogni occasione e limitando al minimo gli errori. L’avversario più pericoloso? Kimi Räikkönen con la McLaren, coadiuvata da una vettura velocissima ma troppo fragile sulle lunghe distanze.
L’inizio della stagione fu emblematico: quattro vittorie nelle prime cinque gare permisero ad Alonso e Renault di prendere subito il comando della classifica, mettendo pressione sugli avversari. Il Gran Premio di San Marino restò nella memoria per la sua durissima difesa su Schumacher negli ultimi giri, una battaglia di nervi e talento che mostrò la stoffa del campione.

La stagione proseguì tra colpi di scena e prestazioni di alto livello tecnico. La McLaren spesso mostrò il miglior ritmo, ma fu la solidità Renault – unita all’affidabilità della R25 – a fare la reale differenza. Alonso mantenne la testa fredda anche nei momenti più complicati, soprattutto dopo la metà stagione, quando le prestazioni di Räikkönen minacciarono il vantaggio accumulato. Ma la costanza nei punti e la capacità di gestire la pressione risultarono decisive, sintomo di una maturità impressionante per un pilota così giovane.
Il successo di Alonso ebbe un impatto notevolissimo sullo scenario internazionale della Formula 1. In Spagna si scatenò un vero tsunami mediatico: il motorsport, per decenni in secondo piano, diventò improvvisamente uno degli sport più seguiti. Milioni di nuovi appassionati si affacciarono alle gare domenicali, emulando Alonso e sognando in grande. Per la Renault, invece, si trattò del coronamento di anni di lavoro tecnico e organizzativo, con una squadra che riusciva per la prima volta a portare un titolo iridato sia nei costruttori che nei piloti.
Menzione di rilievo va fatta anche per gli avversari e per il contesto regolamentare del periodo. Il 2005 fu una stagione di cambiamenti, con nuove regole sugli pneumatici che favorirono le vetture concepite fin dall’inizio per affidabilità e gestione gara. Schumacher e la Ferrari patirono particolarmente queste modifiche, lasciando più spazio a squadre emergenti come Renault e McLaren-Mercedes. Questo contribuì a ridefinire la mappa delle gerarchie in F1 e ad aprire una nuova era di imprevedibilità e lotte.
A infrangere l’egemonia tedesco-italiana ci pensò quindi il ragazzo di Oviedo, capace di diventare il campione del mondo più giovane della storia (record poi battuto solo da Lewis Hamilton e Sebastian Vettel negli anni a venire). Il trionfo spagnolo non fu solo una questione di numeri; fu una dimostrazione che anche una squadra senza il pedigree storico della Ferrari o della Williams poteva riscrivere le regole del gioco a suon di idee, dedizione e talento.
Guardando indietro, la conquista di Alonso nel 2005 rappresentò un bivio storico e una fonte d’ispirazione per piloti, tecnici e tifosi: un autentico simbolo di rinascita sportiva. Ancora oggi, a vent’anni di distanza, il primo titolo di Alonso resta un esempio scintillante di come la passione e l’ingegno possano portare a risultati straordinari, anche contro avversari apparentemente imbattibili.