La storia della Formula 1 negli Stati Uniti è ricca di fascino, colpi di scena e una forte dose di spettacolo. Sin dagli albori, il legame tra la terra delle opportunità e il Circus ha dato vita a weekend unici, in cui la passione per le corse si fonde con la cultura locale. Dall’iconico circuito di Watkins Glen negli anni ’60 e ’70, passando per le sfide sulle strade di Detroit, Phoenix o Dallas, la presenza del Gran Premio negli USA ha sempre portato qualcosa di diverso e inimitabile. Oggi, con le tappe moderne di Austin, Miami e Las Vegas, l’America si è confermata come uno dei cuori pulsanti della F1 mondiale.
Gli Stati Uniti hanno una relazione particolarmente interessante con la Formula 1. Non solo per i luoghi in cui si sono corse le gare, ma anche per i protagonisti e le curiosità che hanno arricchito questa avventura. Ricordiamo che nel 1959, sul tracciato di Sebring, Bruce McLaren divenne il più giovane vincitore di un GP di F1 dell’epoca, mentre nel 1975 la leggendaria vittoria di Niki Lauda a Watkins Glen sigillò il suo primo titolo mondiale con la Ferrari. Senza dimenticare il debutto sulle strade di Las Vegas nel 1981, nella suggestiva “Caesars Palace GP”, o il ritorno americano nel 2012 ad Austin con il celebre Circuit of the Americas, palcoscenico di duelli memorabili tra Hamilton, Vettel e Verstappen.
Le statistiche ci raccontano di un dominio sempre più consistente di alcuni piloti e team anglo-tedeschi, soprattutto negli ultimi due decenni. Lewis Hamilton, ad esempio, detiene tuttora un numero impressionante di vittorie sul suolo americano, avendo conquistato ben sei Gran Premi degli USA – una vera e propria speciale perla nel suo già stellare palmarès. La Mercedes, a sua volta, ha rafforzato il proprio legame con gli States grazie a una serie di successi consecutivi ad Austin, costruendo una tradizione vincente che sembra perpetuarsi di anno in anno.

Non possiamo però dimenticare il fascino dei circuiti stessi. Ciascuna sede americana ha rappresentato qualcosa di unico per la Formula 1: il glamour e la follia del Grand Prix di Las Vegas, la cornice naturale e appassionata di Watkins Glen – teatro di tanti trionfi Ferrari – o le sfide tecniche offerte da Indianapolis. A proposito di quest’ultimo, il leggendario “Brickyard” ha ospitato la F1 dal 2000 al 2007, ed è tristemente ricordato per la caotica gara del 2005, con appena sei vetture al via a causa di problemi alle gomme Michelin. Un evento controverso ma fondamentale nella storia recente del campionato, capace di ribadire quanto la Formula 1 sia prima di tutto sfida tecnica.
Con l’avvento dell’era Liberty Media e l’espansione televisiva globale, gli Stati Uniti sono oggi protagonisti assoluti. L’entusiasmo attorno alla tappa di Miami, inaugurata nel 2022, e il grande ritorno di Las Vegas con una spettacolare gara notturna, hanno consacrato questo Paese come punto di riferimento indispensabile per la F1 moderna. I team guardano sempre più al mercato americano – sia a livello sportivo che commerciale – e il pubblico statunitense, un tempo appassionato solo di Nascar e IndyCar, oggi segue con crescente interesse ogni mossa di Verstappen, Hamilton e Leclerc.
Il futuro appare, quindi, luminoso: non solo c’è movimento attorno a possibili nuovi circuiti – come la voce su una gara potenziale in California – ma la cultura racing made in USA sembra ormai entrata definitivamente nell’identità della Formula 1. Il mito del GP americano continua, tra tradizione e innovazione, pronto a regalare nuovi capitoli incredibili agli appassionati di tutto il mondo.