Negli ultimi decenni, la Formula 1 ha visto diversi tentativi di nuovi team che hanno cercato di guadagnare un posto stabile nella griglia di partenza. Mentre alcune squadre come Mercedes e Red Bull hanno scritto la storia recente del campionato, altre realtà hanno vissuto percorsi assai più complessi e spesso costellati di ostacoli insormontabili. L’ingresso di nuove scuderie in Formula 1 rappresenta una delle sfide più ardue e affascinanti, sia dal punto di vista tecnico che finanziario. Analizziamo quindi il destino delle squadre nate dopo il 2010, tra imprese eroiche, sogni infranti e qualche rara sorpresa.
Il decennio degli anni 2010 è stato particolarmente prolifico per nuovi team, dovuto anche al cambiamento di regolamenti volto a facilitare l’ingresso di nuove realtà. Nel 2010 fecero il loro debutto Virgin (poi Marussia e infine Manor), Lotus Racing (poi Caterham) e Hispania Racing Team (HRT), tutti con l’obiettivo di costruire il proprio percorso tra i giganti della F1. Tuttavia, nessuna di queste squadre ha avuto vita facile, trovandosi ad affrontare problemi finanziari, difficoltà nella gestione tecnica e una competizione feroce con team storici rafforzati da grandi budget.
Virgin/Marussia ha rappresentato il progetto più longevo tra i nuovi entranti, rimanendo in Formula 1 dal 2010 al 2016, raggiungendo persino il punto storico con Jules Bianchi che conquistò i primi punti a Monaco nel 2014. HRT e Caterham, invece, non riuscirono a superare molte delle sfide iniziali, chiudendo i battenti rispettivamente dopo tre e cinque stagioni con risultati sportivi modesti. Tutti e tre i team trovarono difficile attirare investitori e sponsor di peso, spesso limitandosi a occupare il fondo della griglia, pur portando avanti interessanti storie di dedizione e passione motoristica.

L’ambizione di diventare un team di successo in Formula 1 richiede più di semplici capacità tecniche: occorrono solidità finanziaria e un network globale di fornitori e collaborazioni tecniche. Lo dimostra il caso della Haas F1 Team, che ha debuttato nel 2016 come primo team statunitense moderno in F1. Grazie all’intelligente partnership con Ferrari e a un modello aziendale innovativo che prevede l’acquisto di numerose parti dalla Scuderia di Maranello, Haas è riuscita a garantirsi ottimi risultati soprattutto nei primi anni, conquistando punti e talvolta insidiando squadre di metà classifica. La loro presenza costante, unita alla capacità di attrarre sponsor importanti, ha permesso loro di sopravvivere dove altri avevano fallito.
Gli ultimi anni hanno mostrato come le barriere all’ingresso siano aumentate: l’introduzione del budget cap e una maggiore strutturazione della governance sportiva hanno creato un ambiente più protetto per le squadre esistenti, rendendo ancora più difficile per nuovi team trovare spazio in griglia. Tuttavia, il crescente interesse di case come Andretti-Cadillac, supportato dagli sviluppi della mobilità elettrica e dalla spinta globale verso l’espansione del marchio F1 negli Stati Uniti, dimostra che il sogno di una nuova scuderia competitiva rimane vivo.
Guardando al futuro, ci si domanda spesso se il modello Haas sia replicabile o se siano necessarie riforme per garantire spazio ai nuovi protagonisti del circus. Mentre Liberty Media spinge verso una Formula 1 sempre più globale e appetibile per nuovi investitori, resta chiaro che solo chi saprà combinare innovazione tecnica, risorse economiche e una visione imprenditoriale solida potrà ambire a scrivere nuove pagine nella storia di questo sport.
La storia recente dei nuovi team in Formula 1 è un racconto fatto di cadute, ma anche di sogni e di resilienza: la testimonianza che, per emergere nell’élite del motorsport mondiale, servono coraggio, competenza e una buona dose di passione. E chissà che presto non vedremo una nuova squadra, pronta a sfidare i giganti nelle curve che hanno reso leggendaria la nostra amata Formula 1.