La Federazione Internazionale dell’Automobile (FIA) ha recentemente rivisto il sistema di assegnazione dei punti superlicenza per i piloti provenienti dall’IndyCar, segnando così un passo importante verso una maggiore valorizzazione del campionato statunitense nell’ambito del motorsport mondiale. Questa decisione arriva dopo anni di discussioni e confronti tra le principali serie internazionali, e promette di avere un impatto significativo sulla mobilità dei talenti verso la Formula 1.
Da sempre la superlicenza FIA rappresenta il lasciapassare obbligatorio per i piloti che desiderano debuttare nella massima categoria automobilistica. Tuttavia, il sistema precedente veniva spesso criticato dagli addetti ai lavori, in quanto attribuiva un punteggio relativamente basso ai risultati conseguiti nella IndyCar, nonostante l’elevato livello di competitività della serie americana. Di conseguenza, numerosi talenti d’oltreoceano si sono spesso trovati svantaggiati rispetto ai pari età impegnati in Formula 2 o in altri campionati riconosciuti più “vicini” alla F1.
Con la nuova regolamentazione, i primi quattro classificati nel campionato IndyCar potranno ora guadagnare un numero di punti superlicenza paragonabile o addirittura identico a quello assegnato ai colleghi che emergono in Formula 2. Ad esempio, il campione IndyCar riceverà 50 punti, contro i 40 precedenti, equiparando così quasi del tutto la serie americana al principale “feeder” europeo. Questa decisione nasce, secondo la FIA, dalla necessità di riconoscere la profondità tecnica, la difficoltà e lo spessore dei concorrenti presenti nell’IndyCar, serie capace negli ultimi anni di attirare un bacino globale di appassionati sempre più ampio.
Questo cambio di paradigma dovrebbe facilitare la transizione dei giovani talenti statunitensi (e non solo) verso la Formula 1, contribuendo a un ricambio generazionale più dinamico e cosmopolita. Se in passato il caso di Colton Herta ha sollevato molte polemiche — il giovane pilota aveva infatti raccolto meno punti di quanti ne servissero per la superlicenza pur essendo protagonista in IndyCar — adesso gli ostacoli amministrativi saranno sensibilmente ridotti. Un segnale di apertura da parte della FIA che potrebbe replicarsi nel trattamento riservato ad altri campionati extra-europei di alto livello.
Dal punto di vista della Formula 1, questa mossa potrebbe rappresentare una fonte preziosa di nuovi talenti genuini. Non va infatti dimenticato che negli ultimi decenni alcuni dei piloti più spettacolari della storia della F1 sono arrivati da realtà “alternative” alla più canonica trafila delle serie propedeutiche FIA: basti pensare a Jacques Villeneuve, campione del mondo nel 1997 dopo aver vinto la Indy 500 e il titolo nella serie CART. Oggi, con la competitività e la visibilità dell’IndyCar in costante crescita anche in Europa, la possibilità di una maggiore integrazione tra i due mondi è sempre più concreta.
Inoltre la presenza di piloti provenienti dall’IndyCar potrebbe alimentare nuove rivalità e storie da raccontare agli appassionati, arricchendo ulteriormente lo spettacolo già offerto dal Circus della Formula 1. Questo scenario appare ancora più allettante se consideriamo l’attuale globalizzazione della F1, che vede tappe ovunque nel mondo e un pubblico sempre più eterogeneo e curioso verso talenti “esotici”.
In conclusione, la revisione del sistema di punteggio per la superlicenza rappresenta non solo un atto di giustizia sportiva ma anche una strategia lungimirante per alimentare la competitività e l’appeal commerciale della Formula 1. Una scelta che, nei prossimi anni, potrebbe regalarci qualche inaspettata sorpresa sulla griglia di partenza e conquistare nuovi appassionati al di qua e al di là dell’Atlantico.